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1)
LA
TECNICA
DELLA DORATURA detta “A GUAZZO”.
Andando
per fasi:
- Preparazione
e
stesura della Colla:
in passato la colla in stecche veniva rotta dentro ad un sacco poi
messa a mollo in acqua per una notte quindi sciolta in acqua a fuoco
basso. Oggi la colla è reperibile in perle e viene sciolta
senza
necessità di essere spezzetata. La colla ancora molto calda viene
stesa sull’oggetto e per permettere che sia visibile onde
coprire
tutta la superficie, si aggiungeva alla colla del pigmento colorato in
polvere (terra d’ombra).
Si lascia
asciugare.
-
Preparazione del Gesso:
Il Gesso ha una importanza fondamentale nell’arte della doratura in
quanto rappresenta il “fondo” su cui adagiare la foglia.
La
polvere
di gesso viene setacciata per purificarla da sassolini o
altro.
Parte della colla preparata in precedenza e lasciata
trasparente
cioè senza aggiungervi il pigmento, viene utilizzata per la
preparazione del gesso. La colla viene scaldata ma mai
portata ad
ebollizione in un pentolino di terracotta
ed in essa
viene sciolto il gesso.
- Stesura
del Gesso:
Consta di diverse applicazioni e di un tempo di asciugatura tra l’una e
l’altra. La densità del gesso varia a seconda delle
applicazioni:
nella prima e nella seconda applicazione il gesso risulta piuttosto
liquido con una proporzione colla/gesso a vantaggio della
prima.
Dopo la terza applicazione del gesso che sarà più consistente e meno
liquido, una volta asciugato, si passa ad una prima
raschiatura
cioè alla levigatura della superficie trattata. Questa ha lo scopo di
mettere in evidenza i particolari del pezzo come ricci e
volute
di un intaglio. Seguono almeno altre due “mani” di
gesso
sempre più denso prima di avere ultimato questa fase.
- La
Raschiatura del
Gesso:
fase finale di questa delicata tecnica che mette a nudo la vera abilità
del doratore. Qui il gesso viene levigato con raffetti e
carta
abrasiva. Nell’ultima passata la carta deve essere di
grammatura
finissima proprio per mettere bene in evidenza i particolari dei fregi
e rendere perfettamente liscio il gesso.
- Preparazione
del Bolo:
Nella antica tecnica il cono di bolo veniva messo nella macina di marmo
e per mezzo di coltelli a spatola con un movimento rotatorio si
impastava con acqua fino a renderlo di consistenza morbida e setosa. I
prodotti attualmente in commercio rendono il bolo direttamente
utilizzabile.
- Stesura
del Bolo:
consta di più applicazioni. Nella prima mano il bolo giallo
viene
preparato in modo molto diluito con colla. Lasciato asciugare viene
applicata la seconda mano che deve essere densa. La terza
fase
prevede una prima applicazione di bolo rosso preparato di
media densità e una seconda mano, previa
asciugatura,
applicata piuttosto densa. L’antica tecnica prevedeva una terza
applicazione di bolo rosso a pennello veloce e superficiale cercando di
evitare i fondi intagliati. La stesura di bolo rosso in
maniera
più abbondante agevola la resa della brunitura a lucido del pezzo.
- La tecnica
di doratura
a guazzo:
nasce specificatamente come tecnica per dorare con foglia in
oro
zecchino o argento. Si prepara una soluzione detta “colletta” o
“guazzo” fatta con acqua e colla di pesce o colla di coniglio. La
cornice viene collocata in pendenza usando degli spessori in modo che
non tocchi il tavolo da lavoro. Tale posizione consente all’acqua della
colletta di defluire in modo tale da non ristagnare sul fondo del
l’oggetto. Con un pennello a pelo molto morbido (martora) si bagna una
porzione della cornice della dimensione della foglia da applicare. La
foglia appoggiata sul cuscino da doratura viene tagliata col coltello a
misura del disegno del pezzo da dorare. Con una pennellessa sottile
(pelo di martora) si solleva la foglia dal cuscino attraverso la
statica provocata dallo sfregamento del pelo contro la guancia. La
foglia viene poi posata con delicatezza sulla porzione di cornice
bagnata dalla colletta. Si procede via via per tutta la
grandezza
del pezzo.
A
doratura finita la parte viene tamponata con ovatta
allo scopo di perfezionare l’adesione della foglia al bolo sottostante
e per togliere eventuali bolle d’aria. Si lascia asciugare al “punto
giusto” (8-10 ore) poi si passa alla fase della brunitura lucida od
opaca a seconda di cosa s’intende mettere in evidenza del pezzo dorato.
Per “brunire” si fa uso di particolari strumenti a pietra dette “agate”
perchè su di un manico perlopiù in legno viene montata una pietra
d’agata di diverse fogge.
La
brunitura lucida comporta
l’applicazione dell’agata direttamente sulla foglia stesa e asciugata.
La brunitura opaca comporta l’applicazione di una velina leggermente
“ingrassata” (ad es.si fa passare la carta velina dei libretti di
doratura sopra la capigliatura) tra l’agata e la foglia d’oro
La tecnica a “guazzo” può essere
utilizzata anche per
l’applicazione di foglie in ottone in quest’ultimo caso visto
che
la foglia in ottone è più spessa di quella in oro la
pennellessa
in uso deve essere più rigida (ad es. in pelo di cinghiale).
- La tecnica di doratura a
“Missione” detta anche “a
mordente”
secondo una tecnica antica sul pezzo da dorare veniva steso un fondo di
vernice gialla o rosso. Una volta asciugato veniva steso un’altra
vernice trasparente ad effetto “tirante” o essiccante. Si
attendeva un tempo di asciugatura (oltre le 24 ore) fino a
quando
al tatto il dito aderiva alla vernice, a questo punto si poteva
stendere la foglia. Attualmente esistono in commercio prodotti ad acqua
rapidi che in 20 minuti essiccano e consentono di snellire i tempi di
doratura.
- La Patinatura:
detta anche Velature. Qualora si intendesse conferire al pezzo da
dorare un aspetto “antico”o “invecchiato” una tecnica attuale consiste
nell’ utilizzo di cere colorate di diverse gradazioni. Tecniche antiche
prevedevano l’uso di estratto di nicotina diluito in acqua o bitume
anch’esso diluito in acqua. In uso tutt’ora allo stesso scopo anche la
polvere di pietra pomice. Tale soluzione veniva stesa a pennello. Per
invecchiare un’argentatura lucida un tempo si usava la bile
di
bue che ossidando conferiva il “nero”.
Il
fissaggio della doratura/argentatura: Fino all’800 non era
previsto un trattamento di fissaggio della dorature che così potevano
essere aggredite più facilmente. Si cominciò ad usare la chiara d’uovo
battuto che veniva steso con pennello sull’ oggetto dorato. Attualmente
si usano vernici trasparenti rapide a pennello.
2)
LA
TECNICA DELLA DORATURA detta “A MECCA”
.
Questa
tecnica si può definire una lavorazione “a risparmio” in quanto
ha come scopo quello di ottenere un effetto di “doratura”
senza l’applicazione della foglia di oro zecchino.
Spesso
si è ricorso a questa tecnica che dava un buon effetto “oro”
quando le disponibilità economiche non erano elevate od in particolari
periodi storici quando per moda (fine del XIX secolo) o per necessità
(vedi periodo bellico) si imponeva tale tipo di scelta.
Il pezzo
viene trattato in argento cioè si procede con lo stesso metodo della
“doratura a guazzo” con la differenza che si utilizza una foglia d’
argento.
La
particolarità di questo procedimento consiste nella
utilizzazione di sostanze colorate in polvere dette “Aniline”
che
si trovano in varie gradazioni a seconda della
tonalità
dorata desiderata.
Queste
debbono essere opportunamente disciolte in
alcool a 90° e “cotte” a bagnomaria.
La
soluzione ottenuta viene poi applicata a pennello sul pezzo
argentato.
3) LA TECNICA detta DEI “FINTI
MARMI”.
La
tecnica in oggetto nasce allo scopo di ottenere un effetto
“marmo” ad imitazione di quello reale.
Si
tratta di una vera e propria opera di pittura. Il procedimento parte
dalla stesura sulla superficie da decorare di una base di
gesso
che deve essere perfettamente liscia. I colori vengono scelti in
funzione della tipologia del marmo da imitare: onice mediceo , rosso
veronese , cipollino, lapislazzuli, ecc…
I colori
ad acqua vengono
stemperati in funzione della densità che si vuole ottenere per meglio
simulare l’originale. L’applicazione avviene per mezzo di pennelli e
penne d’oca. Queste ultime passate sul colore servono ad
ottenere
particolari effetti come le venature del marmo. Anche l’acqua ha un
ruolo fondamentale nella predisposizione delle sfumature
mentre
l’alcool sapientemente “schizzato” dal pennello bagnato serve a
riprodurre particolari tipi di venature circolari.
Una
spugna marina bagnata può all’occorrenza contribuire a
riprodurre certi tipi di effetti.
A
lavoro ultimato si procede alla lucidatura detta “a tampone”
che
anticamente si effettuava con prodotti a base di cellulosa,
alcool e poco olio di vaselina.
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